I fattori che hanno contribuito alla formazione della nostra autostima datano spesso molto indietro nel tempo, ai nostri primi tentativi di affrontare il mondo, da bambini e sono quasi sempre collegati con l’atteggiamento delle figure adulte di riferimento nei nostri confronti.
Avere vicino persone troppo insicure, troppo apprensive, che magari temevano che ci potessimo far male, o causare problemi e non facevano altro che ricordarcelo ad ogni passo, nella maggior parte dei casi non ha certo contribuito a migliorare la nostra opinione di noi stessi o sul mondo….
Frenarci per “il nostro bene” con frasi tipo:
“attento che ti fai male”;
“non fare così che è pericoloso”;
“non giocare con quei bambini, non puoi farti che del male insieme a loro, sono troppo grandi”;
“io so cosa va bene per te, tu no”;
“non sei in grado di decidere da solo”;
“ti ricordi quella volta che hai voluto fare di testa tua e come è finita, lascia fare a chi ne capisce del tuo bene”…..
e via così, pur non essendo fatto a fin di male a volte ha contribuito nel farci accumulare tutta una serie di convinzioni limitanti, paure, insicurezze e ricordi “congelati” che anche molto tempo dopo rischiano di non farci vivere liberamente e secondo i nostri desideri.
Quando A.G. si rivolge a me mi racconta che il suo problema ha a che vedere con l’autostima e con la necessità di avere continue conferme sul proprio operato, anche nel lavoro, pena non reputarsi brava abbastanza e attivare la tendenza a rinunciare e vedere tutto in maniera negativa.
Inoltre ha delle grandi difficoltà a farsi pagare per il lavoro. Si occupa di trattamenti olistici ed è anche brava, ma si è sempre fatta pagare poco. Con grande “fatica” è riuscita a convincersi ad aumentare la tariffa dei suoi trattamenti da 25 a 30 euro l’ora.
Mentre parla facendo SET, riaffiora spontaneamente il ricordo di quando, da bimba piccolissima, aveva imparato a camminare molto presto, e pur rendendosi conto di essere capace non si lasciava mai andare se non c’era qualcuno a sostenerla.
Non le serviva però che le dessero la mano, le bastava sentire anche solo la punta del dito di un adulto sulla spalla e si metteva a camminare, diversamente si rifiutava di farlo.
Il dito di un adulto funzionava da “coperta di Linus”.
A.G. è andata avanti così fino a 17 mesi, quando finalmente ha iniziato a camminare anche senza che qualcuno la toccasse.
Questo ricordo entra di diritto nel giro di EFT
Punto karate: Anche se la mia autostima è così bassa, ma così bassa, che mi servono continue rassicurazioni, altrimenti non mi reputo in grado di far nulla…. Mi amo e mi accetto comunque e mi apro alla possibilità di trovare in me stessa le rassicurazioni che mi servono….
Sopra la testa: Oppure no, come quando avevo imparato a camminare, ma non lo facevo se non c’era qualcuno a sostenermi…
Adesso non posso chiedere a qualcuno di appoggiarmi un dito sulla spalla.
Sopracciglio: Ma posso comprarmi uno di quegli strumenti che usano i poliziotti infiltrati, da mettere nell’orecchio, per farsi suggerire le cose da dire…
E pagare qualcuno perché mi rassicuri…
Lato dell’occhio: Ho perfino aumentato la mia tariffa oraria, da 25 a 30 euro, 5 euro l’ora li posso dare a qualcuno perché mi rassicuri_
(a questo punto A.G. picchietta ridendo)
Sotto l’occhio: Questa idea non mi sembra buonissima…. Cosa faccio se mi sveglio in piena notte e sento la necessità di essere rassicurata?
Sotto il naso: Posso sempre avviare un proficuo scambio con qualcuno che abita in Australia.
Sotto il labbro: quando qui è notte e lì è giorno chiamo lì…
Clavicole: e mi faccio rassicurare
Sotto ascella: ho sempre bisogno di essere rassicurata
Sotto seno: altrimenti non valgo proprio nulla
Picchiettando i punti delle dita chiedo ad A. G. se per caso c’è qualcuno nella sua vita presente o passata che sia così insicuro.
Mi risponde che il padre era insicuro allo stesso modo.
Facciamo un secondo giro sull’essersi fatta carico delle insicurezze paterne.
Punto karate: Anche se voglio così bene a mio papà che ho deciso di essere insicura come lui…. Mi amo e mi accetto comunque e mi apro alla possibilità di fare ciò che è meglio per me.
Sopra la testa: Sono fedele alla famiglia
Sopracciglio: Voglio essere come papà.
A.G. mi dice che il padre è morto da molti anni.
Lato dell’occhio: Ho necessità di essere insicura come papà, perché gli volevo tanto bene.
Sotto l’occhio: Gli voglio tanto bene
Sotto il naso: Posso concedermi di essere più sicura, di sentirmi più sicura.
Sotto il labbro: voglio essere me stessa.
A.G. mi dice che durante il giro è comparsa una sensazione sgradevole, si sente una grande pesantezza, come una cappa opprimente intorno alla testa.
Continuiamo a picchiettare e A. G. afferma che l’insicurezza la fa da padrona in famiglia, anzi, in entrambi i lati della famiglia.
La nonna materna, una volta rimasta vedova, senza l’appoggio del marito, ha deciso di suicidarsi.
La madre, rimasta prematuramente vedova a sua volta, ha deciso di chiudere con molte attività e cose che faceva insieme al marito. Ha “ucciso” una parte di sé.
Facciamo un terzo giro in cui mettiamo tutte affermazioni adatte a lasciare andare i “pesi” famigliari, a staccarsi dalla “modalità” dominante in famiglia e a accettare gli eventi accaduti.
A.G. ha finalmente l’occasione di riappacificarsi con alcuni episodi che coinvolgono le figure di riferimento più importanti, si apre alla possibilità di lasciare andare questa grande e profonda insicurezza che prova e perdona se stessa per essersene fatta carico, concedendosi all’idea di poter agire, nella propria vita. indipendentemente dalle scelte della nonna o della madre.
Alla fine A.G. si sente molto sollevata, il peso che sentiva sulla testa è scomparso, anche se le è rimasto un lieve senso di vertigine.
La sessione è finita ma si ripromette di tornare a lavorare con EFT su tutti gli episodi passati che influenzano ancora la sua vita odierna.
EFT le ha dato l’occasione di entrare in profondità dentro di sé e comprendere le origini di un disagio che non le consentiva di esprimere tutte le sue potenzialità.
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