Questo articolo è tratto dal libro di
Emanuela Pamio e Virna Trivellato
MAMmA o non MAMmA
Piccolo diario di viaggio con E.F.T. e le
tecniche energetiche per Mamme della Nuova Era
Ad essere mamma non si parte da
zero nel momento stesso in cui abbiamo il bambino fuori dalla pancia, o accanto
a noi nel caso di bambini adottivi, e non inizia nemmeno quando sappiamo di
aspettare un bambino, o sappiamo che ci aspetta da qualche parte nel mondo.
E’ un processo iniziato con la
nostra stessa storia, quella di figli.
Abbiamo un vissuto, e spesso è su
quella base che ci poniamo nei rapporti coi nostri figli.
La possibilità di ascoltare le
nostre sensazioni, la possibilità di capire cosa vuol dire protezione,
vicinanza, affetto, l’abbiamo in qualche modo imparata, vivendo il modo in cui
si comportavano con noi, non solo i genitori, ma tutti gli adulti di
riferimento.
L’abbiamo imparato “a pelle” e quindi
non in modo razionale…
Se qualcosa ci è mancato, è andato
male, è “a pelle” che deve essere integrato, e la cosa spesso si presenta
difficile, perché non basta “capirlo”, deve proprio essere sostituito lo schema
mentale, con nuove esperienze e sensazioni positive.
I nostri figli, facendoci
inconsciamente da specchio, spesso si trovano a traghettarci nelle situazioni
da cui noi vorremmo tenerci lontani, costringendoci a rimetterci in gioco, a
rivisitare le certezze che avevamo dato per scontate, a ritirare fuori vecchi
disagi e sensazioni che avevamo archiviato come accettabili, ma adesso, alla
luce dei fatti, ci rendiamo conto che alcune delle cose che sono state fatte a
noi, a nostro figlio non le faremmo mai e quindi siamo portati a rifare i conti
con il passato, il nostro.
Altre volte non siamo proprio consapevoli
di quanto alcuni gesti, alcuni atteggiamenti ci hanno segnato e vorremmo fare
come ci hanno abituato a fare con i bambini, il che spesso significa pensare
che le proteste sono solo “capricci” da non prendere in considerazione o
addirittura da ignorare e agire di conseguenza.
Probabilmente noi non ce ne
ricordiamo, ma questo essere ignorati, l’essere appellati come “capricciosi”,
da bambini ci ha fatto soffrire.
Col tempo è subentrata la razionalità,
e si è sostituita alle nostre sensazioni.
Ora non riusciamo ad ammettere che
chi si è preso cura di noi non lo ha fatto nel modo adeguato…riuscire ad
ammettere che i genitori o gli adulti potessero commettere degli errori, che
non abbiano messo in campo tutte le loro capacità, va a cozzare con l’immagine
che ci siamo fatti di loro quando eravamo bambini.
Gli adulti erano tutto il nostro
mondo, avevamo bisogno di affidarci a loro, di credere in loro, ne eravamo
ammirati, sapevano tutto. Oggi, ancora, vogliamo proteggerli e proteggere noi
da una realtà con cui non abbiamo fatto pace, non possiamo accettare che siano
diversi da come li avremmo voluti: perfettamente in grado di rispettarci.
Spesso può essere una delusione realizzare
che qualche volta “sbagliavano”.
Però fa parte del processo di
crescita: per diventare adulto devi renderti conto che le persone sono
semplicemente umane e fallibili.
Anche noi come genitori lo siamo, è
importante ammetterlo, prima di tutto a noi stessi. Non dobbiamo ricoprire un
ruolo e metterci una maschera, siamo solo l’esempio più bello che possiamo dare
ai nostri figli.
Quando ce ne accorgiamo, possiamo capire
che quello che i genitori hanno sbagliato, faceva parte del loro modo di essere,
delle loro esperienze, delle loro convinzioni, magari del loro essere
“immaturi” e “limitati” e poco aveva a che fare con l’affetto che avevano per noi.
A ben guardare la paura di non
sentirsi amati dai propri genitori è qualcosa che non vorremo mai provare, una
sensazione che paralizza e blocca, emotivamente parlando.
Un dolore che si cerca di non
portare mai alla consapevolezza.
Perciò sdrammatizziamo la nostra
infanzia, ci ridiamo su, prendiamo le distanze, non è facile ammettere che
alcuni comportamenti dei nostri genitori possono averci fatto sentire non
amati. Non è facile ammettere che ci sono ancora cose che non abbiamo
perdonate, e altre che non perdoniamo a noi stessi.
Ma in ogni caso spesso, una volta
divenuti genitori, iniziamo a ripetere con i nostri figli gli stessi
atteggiamenti che da bambini avevamo detestato, ci si atteggia con loro nei
modi svalutanti che hanno usato con noi….
Ecco che magari ci troviamo di
fronte un “testone che non vuole mai mangiare la verdura” … e all’inizio non ci
ricordiamo di quanto abbiamo odiato la verdura noi, oppure abbiamo un bambino
che urla e salta, e ci siamo dimenticati quanto avremmo voluto urlare e saltare
noi e vivere e mostrare ai genitori come eravamo bravi a saltare per gioire
insieme della vita che cresceva in noi.
In modo del tutto inconsapevole
ripetiamo gli insegnamenti che abbiamo appreso sulla cura dei figli.
Finché non ne prendiamo
consapevolezza…
Che
mamma sono?
A volte, quando diventiamo
genitori, ci accorgiamo di quanti conti abbiamo in sospeso con l’idea di
genitori che abbiamo fatto nostra, fino ad introiettare una figura congelata di
nostra madre e di nostro padre...
Se avete seguito questo e-book fino
qui sono certa che avrete preso dimestichezza con EFT.
Per questo vi suggerisco di
mettervi comode, fare dei bei respiri profondi mentre stimolate il vostro
sistema energetico e osservarvi.
Dove è vostra madre nel vostro
spazio personale?
Come sapete che è lì?
La vedete, la sentite, la
percepite?
Se portate l’attenzione proprio a
quel punto che cosa emerge?
Quali ricordi, convinzioni,
fantasie?
Potete fare abbondante EFT su tutto
ciò che emerge.
Anche la fantasia che avremmo
dovuto avere una madre perfetta…
Anche, se c’è, sulla fantasia che
non saremo mai perfette come nostra madre…
Lo stesso tipo di lavoro lo potete
fare con la figura di vostro padre.
(Lo stesso tipo di esercizio lo
potete fare anche se siete un papà, che siccome ha visto tutti i bellissimi
cambiamenti che questo e-book ha permesso a vostra moglie di fare, lo ha preso
in prestito per un pochino J.)
Aggiungo alcune frasi che potete
usare come frasi di partenza per altri giri:
Anche se non sono sicura di sapere
come si cresce un figlio...
Mi sa che i miei non ci sapevano
proprio fare, se no non sarei così insicura...
Anche se penso ancora che i miei
con me abbiano sbagliato....
o al contrario...
anche se penso che i miei fossero
perfetti, e io non sarò mai così brava/o con i miei figli....
Anche se penso che i capricci di
mia figlia siano perfettamente inutili e non riesco a tollerarli.
Anche se mi sento ancora profondamente
delusa per come i miei genitori mi trattavano quando ero piccola, e continuo a
reagire a questa sensazione, mi allineo al mio qui e ora...
Anche se a volte vorrei essere
perfetto, mi apro alla possibilità di andare bene così come sono...
Accidenti, non sarò mai un genitore
perfetto, che cosa ho fatto?
Forse, ma solo forse, posso aprirmi
alla possibilità di essere umano e di poter sbagliare...
Ancora oggi non mi sento amato dai
miei, ma mi apro alla possibilità di comprendere che hanno fatto e fanno il
meglio che possono
Mi sa che sono esattamente come mia
madre…. proprio quello che volevo evitare....
Si ma mio figlio non vuole mangiare
la verdura e io.......lasciate emergere quello che viene, pensieri, immagini.
ecc. Terminate la frase voi.
Oppure chiedetevi: Quando mio
figlio non mi ascolta, fa i capricci, non mangia le verdure, non fa i compiti (e
chi più ne ha più ne metta a seconda dell’età del bimbo), che cosa succede in
me?
Un altro esercizio consiste nel
prendere una idea, ad esempio la convinzione che vostro figlio DEVE fare una
cosa e provare ad espanderla nell’universo, prima potete visualizzarlo come un
palloncino e poi immaginare che si gonfi e si gonfi fino ai confini
dell’universo.
Come state dopo averlo fatto? Cosa
è emerso? Che ne è della convinzione?
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