domenica 14 agosto 2016

EFT per quando i nostri figli esplorano nuove frontiere


Questo articolo è tratto dal libro di



Emanuela Pamio e Virna Trivellato





MAMmA o non MAMmA



Piccolo diario di viaggio con E.F.T. e le tecniche energetiche per Mamme della Nuova Era







Il nostro bimbo comincia a muoversi da solo, comincia a fare i suoi primi spostamenti, gattona o già cammina, e ci accorgiamo che la nostra casa non è esattamente a misura sua.
Oggetti fragili, scalini alti, sportelli apribili.
Se non vogliamo passare tutto il giorno con gli occhi fissi sulle sue manine (e ancora non basta) dobbiamo correre ai ripari.
E’ meglio di un ispettore sulla sicurezza, riesce a scovare la più piccola falla del nostro sistema anti-danno.
Perciò perché non approfittarne?
Ogni tanto è bene fare un giro con lui per verificare.
Ma non potrà essere un continuo “no”, “attento”, “ti fai male”, “questo non si fa”, perché anche il Dalai Lama potrebbe avere una crisi di nervi, con questo atteggiamento, figuriamoci nostro figlio.
Entrano in ballo nuovi limiti che dobbiamo scoprire.
Dobbiamo conciliare il nostro bisogno di sicurezza, di ordine, di pulizia, con il suo sacrosanto bisogno di scoprire il mondo intorno a sé.
Apro una piccola parentesi sul bisogno del bambino di esplorare:
 È la sua preparazione alla vita.
Noi conosciamo il sapore della terra, dei sassi, e sappiamo prevedere cosa ci succederà se cadiamo, perché ne abbiamo fatto esperienza da piccoli. E’ un passaggio fondamentale, il cervello amplia i suoi collegamenti e il bambino sente che questo ora è il suo lavoro, e pensa che anche noi siamo d’accordo.
Non sa che noi siamo passati attraverso la “disciplina”, “l’autocontrollo” e che quindi non sappiamo come rapportarci con un piccolo “terremoto” … non sa che prima di avere un bambino abbiamo avuto in regalo dalla società, un corredo di luoghi comuni sul “non viziarlo”, non fargli fare i “capricci” e “farlo rigare dritto”.
E ci si comincia a domandare se siamo noi che siamo inefficaci, se il nostro metodo non sta funzionando, se dobbiamo trovare un altro metodo.
Le librerie abbondano di manuali sulla giusta disciplina, a volte contengono spunti interessanti, a volte sono lontani anni luce dal nostro sentire. Cominciamo a credere che ci sia davvero un metodo giusto, solo che non è il nostro.
A poco a poco comincia a farsi strada la rabbia per non riuscire a capire il nostro bambino, per non riuscire a fermarlo prima che distrugga tutta la casa.
Se abbiamo imparato che “una pacca sul sederino, quando ci vuole ci vuole” arriveremo anche a quello, probabilmente però ci accorgeremo che non ci dà un senso di benessere, nostro figlio è triste, noi siamo tristi…non è davvero un bel traguardo e un buon modo per stare assieme.
Gli abbiamo insegnato che si può usare la forza per mortificare l’altro, per toccare il suo corpo facendo male…direi che non è un bel risultato come educatori.
La questione fondamentale è che semplicemente NON C’E UN METODO.
Il rapporto con i nostri figli non può che essere il frutto di una convivenza tra due persone…una delle quali è senza esperienza, e l’altra, essendo più adulta dovrebbe averne.
La più adulta dovrebbe fare da guida, e delimitare gli “spazi” (non solo fisici) entro cui il bambino può liberamente muoversi.
Focalizzando ora il discorso su un solo punto e cioè le capacità dei bambini, voglio ricordarvi che i bambini si allenano, a volte sono maldestri, a volte sembra che abbiano fretta, a volte sono pigri, qualche volta sembra che facciano apposta a centrare ogni spigolo… non ce ne sono due di uguali in quanto a tempi e modalità di fare esperienza.
Però piano piano affinano le loro capacità. Allora non ci resta altro che guardarli, osservarli per capire il grado di attenzione che mettono nelle loro manipolazioni e in caso di pericolo fermarli.
Allora nel periodo in cui lanciano tutto (prima o poi tutti la passano questa fase) non darò a mio figlio il vasetto di vetro, nemmeno se piange, a meno che io non mi voglia disfare di quel cimelio giurassico che la già menzionata zia Abelarda ci ha donato per il matrimonio tirandolo fuori dall’eredità del dopoguerra.
Ma nel momento in cui quella fase è passata, è possibile, se lui vede l’oggetto e lo indica, darglielo, facendogli vedere che lo maneggiamo delicatamente, quando lui è seduto, magari per terra su un tappeto, con noi accanto, in modo che possa sfogare la sua curiosità, e che noi possiamo avere il nostro bisogno di sicurezza.
Se diamo un oggetto in mano sua, dobbiamo essere pronti a vederlo rotto, se non siamo disposti a questo, allora non glielo diamo e se possibile non glielo facciamo neanche vedere.
Ovvero non si deve verificare che ci si arrabbi perché si è rotto e lui è colpevole perché stiamo gettando tutta la responsabilità su di lui, di una situazione che abbiamo contribuito a creare.
Non è che lui non abbia sbagliato a far cadere l’oggetto, ma abbiamo sbagliato noi a monte, a fare in modo che lui potesse raggiungerlo o averlo tra le mani.
La reazione non sarà di rabbia, ma bisogna far emergere i sentimenti che la rabbia copre: l’essere dispiaciuti, intristiti, e quello che ci viene.
Dopodichè è importante trovare un modo per vedere se l’oggetto si può riparare e lasciare se possibile che anche il bimbo ci aiuti, anche solo con la presenza.
I bambini imitano e attraverso l’imitazione crescono le loro esperienze, perciò è molto probabile che vorranno usare gli stessi oggetti che usiamo noi.
Ci sono un sacco di giocattoli sostituti di telefoni, computer, robot da cucina, aspirapolveri… ma spesso non danno la stessa soddisfazione di quello vero. In ogni caso si può tentare l’acquisto di questi giochi, ma spesso è meglio recuperare qualche oggetto rotto o vecchio da usare solo per lui.

Ci sono quindi nuove frontiere da esplorare, nostro figlio ci porta, con il suo bisogno di conoscere il mondo, a rivedere i limiti che ci hanno imposto i nostri genitori.
A volte possono essere stati dei limiti che noi abbiamo sentito come ingiusti, e probabilmente lo erano, perché creati apposta sulla nostra persona, e non seguiti anche dagli altri adulti attorno. A volte potevano essere limiti giusti, ma bisogna anche mettere in conto il bisogno di poter almeno in parte capire e vedere le conseguenze, necessario per registrare adeguatamente l’esperienza fatta.
Vedere il bambino che abbiamo di fronte, osservare il suo bisogno di capire e di esplorare ci può aiutare a capire cosa ne pensiamo davvero di quella situazione, quando davvero è necessario fermarla, o quando è possibile portarla per vie più sicure. Ma di questo, anche noi dobbiamo necessariamente fare esperienza assieme a lui.
I limiti sono il risultato di un processo di analisi immediata della situazione e della nostra accettazione che ci portano a capire quando stiamo “sopportando troppo”, non quando il bimbo “sta esagerando”.
La differenza sta’ in chi si prende la responsabilità della relazione, e tra adulto e bambino la responsabilità è necessariamente dell’adulto.
Si crea una connessione, una complicità di protezione che porta il bimbo ad ascoltarci perché sente che siamo lì per aiutarlo e non per intralciare tutti i suoi piani di conquista del mondo.






E.F.T. per momenti di piccola esplorazione

Wow, è arrivato il momento in cui nostro figlio non è più solo un bel Cicciobello che fa pipi e pupù e sorride nella culletta.
Sono arrivati gli UNNI, ergo, la casa è in pericolo e nostro figlio pure...
Cosa può fare per noi EFT?
Può aiutarci a gestire le nostre emozioni quando assistiamo alle sue esplorazioni...

Ecco alcune frasi:
Ho bisogno di pulizia…. E questa piccola scimmietta sporca dappertutto....
Non mi sento a mio agio con mio figlio che tocca tutto in tutta la casa, osservo questo disagio e lo accolgo…
E se lo vizio?
Sembra che tutti abbiano figli tranquilli tranne me. Forse sono io che sono sbagliata.
Non so proprio cosa fare...
Anche se mi fa una rabbia, ma una rabbia, non riuscire a dargli un’educazione, ma ci sarà un momento che la smette di spaccare tutto?
Ho dato uno schiaffo a mio figlio, e mi sento uno schifo...
Non ho dato uno schiaffo a mio figlio, e mi sento uno schifo...
E se esplorando casa si fa male?
Non posso sopportare che si faccia male.
Osserviamoci: cosa suscita in noi il fatto che nostro figlio è libero di scorrazzare per casa?
Sentiamo la responsabilità di ogni suo passo?
Riusciamo a provare gioia per le sue scoperte o è maggiore la paura che capiti qualcosa a lui o alle “nostre” cose?
Anche se sono convinta che mio figlio sia troppo vivace e sicuramente potrebbe farsi male, recupero tutta la mia energia da questa fantasia e la riallineo al mio centro.
Anche se quando ero piccola ero così limitata che ora lascio che mio figlio faccia tutto, ma non sempre mi sento bene in questo, osservo cosa emerge in me ed esso cambia mentre lo osservo.
Non so dare dei limiti a mio figlio, sa solo gattonare eppure io ho paura di dispiacerlo o mortificarlo…
Che cosa provo mentre mio figlio cresce e allarga i suoi limiti?
Che limiti impongo a lui? Che limiti impongo a me stessa?
Che cosa ricordo di quando imponevano limiti a me?
Che cosa penso che possa succedere se supera i suoi limiti?
A che cosa o a chi sto reagendo quando sento che devo mantenere il controllo delle cose?

Applicate eft su tutto ciò che vi crea disagio.

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